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A. LoPresti
Ricerche
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I dati ISTAT (2014a) dipingono la situazione Italiana
come in progressivo e perdurante deterioramento; il tasso di
disoccupazioneèsalitodall’8.2%nelLuglio2011al12.5%nelterzo
trimestre2013; dati ancorapiùallarmanti riguardano laRegione
Campania(ISTAT,2014b), lapiùpopolosaericcaregionedelSud
Italiachehapiù soffertodegli effettidellacrisi acausadiprocessi
massividideindustrializzazioneedellaperditadicompetitivitàdi
ampi settoriproduttivi,dove il tassodidisoccupazioneèsalitodal
15.5%nel secondo trimestre2011al20.5%nellafinedel2013.
Decenni di ricerche condotte sulla disoccupazione
hanno inequivocabilmente dimostrato che tale condizione
occupazionale si accompagna a effetti negativi sul benessere
psicologico (Warr, 1987; Schaufeli &Van Yperen, 1992) e sulla
qualitàdelle relazioni familiari e sociali (Grant&Barling, 1994).
Stante l’ampia disponibilità di dati a supporto della relazione
positiva tra frequenza e intensità dei comportamenti di ricerca
lavorativa e chance di re-impiego (Saks & Ashforth, 2000;
Wanberg, Kanfer &Rotundo, 1999), è fondamentale studiare e
comprendere i meccanismi che predicono la probabilità della
loro implementazione. Bretz, Boudreau e Judge (1994) hanno
affermatoche i comportamentidi ricerca lavorativa si riferiscono
a specifiche attività che un individuo implementa al fine di
acquisire maggiori informazioni circa alternative occupazionali
presentinelmercatodel lavoro. Invece,nel2001,Kanfer,Wanberg
e Kantrowitz hanno definito la ricerca lavorativa come l’esito di
un processo auto-regolato, dinamico e ricorsivo; tali definizioni
dipingono la ricerca lavorativacomeunpatterndi azioni volitive
e dirette ad uno scopo, che iniziano con l’identificazione e il
conseguente perseguimento di un obiettivo connesso al re-
impiego.
La ricerca lavorativa può essere condotta secondo differenti
modalità, una delle quali è visitare un servizio pubblico per
l’impiego al finedi beneficiaredi informazioni circaopportunità
occupazionali e di forme più strutturate e professionali di
supporto ed orientamento. I Centri italiani per l’Impiegohanno
caratteristiche peculiari che permettono di differenziarli dai
loro omologhi europei. Pastore (2013), sulla base di una pre-
esistente classificazione dei sistemi di transizione scuola-lavoro,
ha identificato quattro regimi di servizi pubblici per l’impiego:
liberali (e.g. Regno Unito), euro-continentale (e.g. Germania),
scandinavo (e.g. Svezia) ed euro-mediterraneo (e.g. Spagna e
Italia).Ilregimeeuro-mediterraneononoffrirebbenéun’efficiente
intermediazione tra domanda e offerta di lavoro (come nel
regime liberale) né sarebbe ben integrato col sistema educativo
e della formazione professionale (come nei regimi scandinavo
ed euro-continentale), mentre avrebbe una caratterizzazione
prevalentemente burocratica. Facendo riferimento aMandrone
(2011), i servizi italiani per l’impiego nel 2010 sarebbero stati
in gradodi intermediare solo il 3.7%di tutti i nuovi contratti di
lavoro,menodellametàdelRegnoUnitoeappenaunquartodella
Germania; unapercentuale tra l’altromoltobassa separagonata,
peresempio, ainetwork familiari eamicali che sarebberoutilinel
35.3% dei casi. Tali evidenze rendono urgente comprendere le
modalitàattraverso lequali iserviziper l’impiegosono ingradodi
supportaregli individui nella loro ricerca lavorativaedaccelerare
le lorochancedi re-impiego, al finedi confrontare tali utenti con
altri individui autonomamentealla ricercadi un lavoro, ocongli
utentideiserviziper l’impiegodialtripaesieuropei,cheappaiono
piùefficientinell’intermediare tradomandaeofferta.
Sulla base delle sopracitate peculiarità del mercato Italiano
del lavoro edei suoi servizi per l’impiego (rispetto agli omologhi
europei) nonché dell’importanza di promuovere al meglio i
processi di esplorazione e reintegro degli individui nel mercato
interno del lavoro, questo studio si propone di approfondire la
comprensionedel ruolodi variabili quali lapersonalitàproattiva,
l’autoefficacia nella ricerca lavorativa, il livello educativo, le
difficoltàdiordinefinanziarioeilsupportosocialequalipotenziali
antecedenti dei comportamenti di ricerca lavorativa, nonché
delle potenziali moderazioni da parte delle variabili biografiche
e socio-economiche (genere, stato civile, precedenti esperienze
lavorative, condizione occupazionale, durata e tasso locale di
disoccupazione). Qualora le ipotesi trovassero supporto nei
risultati,econsiderando la lororilevanzaempirica,masoprattutto
pratica,unamigliorecomprensionedel ruolodi tali antecedenti e
dei loromoderatori potrebbe essered’aiutoper i responsabili dei
servizi per l’impiego al fine di calibraremeglio gli interventi di
counselingdicarrieraedisupportoallatransizionelavorativasulla
basedelle effettive caratteristichedegli utenti edel loro contesto,
intervenendoanchemediante lacompensazionedi quegli aspetti
deficitari di ordinepsicosocialeche invecepotrebberocatalizzare
comportamentidi ricerca lavorativapiùefficienti edefficaci.
Modello teoricoed ipotesi
Saks e Ashforth (2000) hanno elencato i principali
modelli teorici inerenti i comportamenti di ricerca lavorativa
(Barber, Daly, Giannantonio & Phillips, 1994). Il
modello
sequenziale
afferma che la ricerca lavorativa procede lungo
una sequenza logica di fasi durante le quali “le attività di
1,2,3,4 6,7,8,9,10
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