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Predittori dei comportamenti di ricerca lavorativa tra gli utenti dei Centri italiani per l’Impiego
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ricerca cambiano sequenzialmente e sistematicamente nel
corso della ricerca stessa” (Barber et al., 1994, p. 742). Sulla
base di talemodello, Blau (1993, 1994) ha concettualizzato i
cosiddetti “comportamenti preparatori di ricerca lavorativa”
(e.g. preparare il curriculum vitae) che implicano la ricercadi
informazioni e di possibili direttrici di azione. In accordo con
il secondo modello, il cosiddetto
modello di apprendimento
,
le persone alla ricerca di un lavoro apprendono tecniche di
ricercapiùefficientiedefficacinelcorsodellastessa;ariguardo,
Saks e Ashforth citano i cosiddetti “comportamenti attivi di
ricerca lavorativa” (e.g. telefonare ad un potenziale datore
di lavoro) che invece implicano attività più concrete come
la ricerca di contatti o il consultarsi con persone specifiche.
Infine, il terzo modello,
della risposta emotiva
, postula che
le persone alla ricerca di un lavoro esperiscono elevati livelli
di stress e frustrazione che “possono spingerli ad allargare,
contrarre o comunque modificare le loro attività di ricerca,
indipendentemente dall’utilità di tali attività” (Barber et al.,
1994,p.741). Ilmodellosequenzialeequellodiapprendimento
giustificano la tradizionale distinzione, considerata anche
nel presente studio, tra comportamenti preparatori e attivi
di ricerca lavorativa, come insiemi intermedi e finali di
comportamenti più omeno organizzati indirizzati al proprio
re-impiegooccupazionale.
Kanfer, Wanberg e Kantrowitz (2001) hanno proposto
un dettagliato modello teorico che spiega gli esiti nonché
gli antecedenti dei comportamenti di ricerca lavorativa,
sulla base del quale hanno poi condotto una meta-analisi
per verificare le loro ipotesi. In particolare, gli autori hanno
identificato i seguenti clusterdipredittori: trattidipersonalità,
autovalutazioni ed aspettative generalizzate, variabili
biografiche, antecedenti situazionali come i motivi e le
variabili sociali. Tali autori hanno affermato che tali predittori
sarebbero in grado di influenzare i processi autoregolatori
responsabili, in ultima istanza, dei comportamenti di ricerca
lavorativa (p. 839). Sulla base di tale modello, sono state
formulare cinque ipotesi di ricerca riguardanti gli antecedenti
dei comportamenti di ricerca lavorativa, ciascuna delle quali
inmeritoadunparticolarepredittore.
La prima categoria concerne i tratti di personalità. Kanfer
e colleghi (2001) hanno riscontrato che l’estroversione,
l’apertura all’esperienza, la gradevolezza e la coscienziosità
erano positivamente associate con i comportamenti di
ricerca lavorativa, mentre il nevroticismo mostrava una
lieve associazione negativa. Altri studiosi si sono invece
concentrati su altre variabili; in particolare, coerentemente
agli obiettivi del presente studio, appare utilemenzionare gli
studi inerenti la personalità proattiva. A riguardo, un primo
studio fu condotto del 1997 da Frese, Fay, Hilburger, Leng e
Tag, i quali riscontrarono come l’iniziativa personale, una
variabile definita come “un approccio individuale autonomo
e proattivo” (Frese et al., 1997; p. 140) e quindi paragonabile
alla personalità proattiva, fosse positivamente associata alla
velocitàdi re-impiego. Claes eDeWitte (2002) hanno trovato
un’associazionepositiva tra laproattivitàe i comportamenti di
ricerca lavorativa inun campione di studenti di college, e più
recentemente Brown, Cober, Kane, Levy e Shalhoop (2006)
hanno trovato evidenze similari tra tali variabili, sebbene
nel loro studio tale relazione fosse parzialmente mediata
dall’autoefficacia. Sullabasedi tali evidenze, si ipotizza che:
H1: la personalità proattiva sarà positivamente associata
con i comportamenti di ricerca lavorativa.
Il secondo e il terzo cluster di variabili, secondo il
modellodiKanfer e colleghi (2001), includono le aspettative
generalizzate come il locus of control e l’ottimismo, e le
autovalutazioni, come l’autostima e l’autoefficacia nella
ricerca lavorativa. Gli autori hanno evidenziato come le
ultime due variabili mostrassero un’associazione positiva
e statisticamente significativa con i comportamenti di
ricerca lavorativa; in particolare, l’autoefficacia nella
ricerca lavorativa è una delle variabili maggiormente prese
in considerazione all’interno di quest’ambito di studi.
Le prime evidenze empiriche datano a partire dagli anni
Ottanta del secolo scorso (Caplan, Vinokur, Price & van
Ryn, 1989; Eden &Aviram, 1993; Kanfer &Hulin, 1985) e
supportano l’associazione positiva e significativa tra i livelli
di autoefficacia e la frequenza dei comportamenti di ricerca
lavorativa, nonché di maggiori chance di re-impiego. Nel
1999, Saks e Ashforth hanno trovato che l’autoefficacia era
positivamente associata con i comportamenti siapreparatori
cheattivi di ricerca lavorativa. Studi più recenti (Brownet al.,
2006; Pace, LoPresti & Sprini, 2007;Wanberg, Glomb, Song
& Sorenson, 2005) hanno aggiunto ulteriori conferme circa
ladirezione e la significativitàdi tale associazione. Sullabase
di tali evidenze, si ipotizza che:
H2:l’autoefficacianellaricercalavorativasaràpositivamente
associata con i comportamenti di ricerca lavorativa.
1,2,3,4,5 7,8,9,10
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