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PTI – Psychological Treatment Inventory

zata a identificare le connessioni tra specifici aspetti del cambiamento del paziente e specifiche modalità
d’intervento del terapeuta nelle singole sedute. L’aver spostato l’asse di interesse dagli esiti a ciò che
avviene all’interno del trattamento e a come avviene, ha dato centralità e statuto di oggetto d’indagine
alla relazione terapeutica, considerata ormai in maniera condivisa lo strumento essenziale del processo
di cura. Questo spostamento ha sollevato numerosi problemi, primo fra tutti l’analisi dei “microprocessi”
all’interno di una specifica cornice teorica: è possibile cogliere la complessità del processo terapeutico a
partire dall’analisi dei microprocessi? Molti autori hanno rifiutato una dicotomia netta tra risultato e pro-
cesso (Parloff, 1985, pp. 30-31), sostenendo che in realtà lo studio dei microprocessi può rivelarsi di ben
poca utilità se scollegato a considerazioni sul risultato cui essi conducono. È chiaro che studiare il processo
comporta comunque la valutazione degli esiti di determinati fattori comportamentali cognitivi ed emotivi
(APA; Commission on Psychotherapies, 1982) e quindi è preferibile parlare di process-outcome research.

Intanto la ricerca in psicoterapia ha compiuto passi in avanti e, grazie al contributo di numerosi ri-
cercatori e clinici, è stato possibile individuare terapie “empiricamente validate” o Empirically Supported
Treatments (ESTs), la cui efficacia risulta provata dai risultati di studi condotti secondo specifici criteri
metodologici (Chambless e Hollon, 1998; Chambless e Ollendick, 2001).

1.1.2. L’approccio evidence-based

Il recente approccio basato sulle evidenze, Evidence-Based Practices (EBPs), che prende spunto dal
movimento delle Evidence-Based Medicine (EBM), mette in risalto il ruolo della ricerca scientifica e cerca
di contrastare gli approcci basati sul giudizio clinico e altre forme di assessment non rigorose (Eddy, 2005),
proponendo di utilizzare le migliori evidenze empiriche nel processo di decision-making (Sackett, Ro-
senberg, Gray e Haynes, 1996). L’affermazione dell’esistenza di terapie empiricamente validate ha suscitato
posizioni diverse a causa della tensione che esiste tra ricerca e pratica clinica (Persons e Silberschatz, 1998).
Infatti, non sono molti i clinici disposti a credere che i risultati degli studi d’efficacia si possano facilmente
estendere alla clinica (DeRubeis e Crits-Christoph, 1998; Seligman, 1995; Speer, 1998; Wampold, 1997).

L’importanza di identificare psicoterapie supportate dall’evidenza empirica ha avuto la sua ufficializ-
zazione nel 1995, quando la Task Force on Promotion and Dissemination of Psychological Procedures of
Division 12 (Clinical Psychology) dell’American Psychological Association (APA) identificò un numero
di interventi psicologici considerati affidabili (in seguito denominati Empirically Supported Treatments –
ESTs – o Empirically Validated Treatments – EVTs) (Chambless e Ollendick, 2001; Herbert, 2003). Gli ESTs
si ispirano alla EBM (Sackett, 1997) e si basano su trial clinici controllati e randomizzati (RCTs) (Herbert,
2003; Morrison, Bradley e Westen, 2003). In un rapporto del 1995, la Task Force indicò i criteri per sele-
zionare un EST e riportò una lista preliminare di trattamenti selezionati (Chambless e Ollendick, 2001).
Perché possa essere indicato come probabilmente efficace, un trattamento deve mostrarsi superiore relati-
vamente a una condizione di non-trattamento (ad esempio il placebo o la condizione della lista di attesa).

L’assunto di base degli EST è, in linea di massima, che esista una realtà oggettiva e misurabile (per dirla
con Thorndike, 1904, se qualcosa esiste deve esistere in una certa quantità, quindi deve essere possibile
misurarlo) e che conclusioni affidabili siano raggiungibili attraverso metodologie scientifiche: la procedura
verso il miglioramento del sintomo è così caratterizzata dalla diagnosi e dalla prescrizione di un trattamen-
to (Bohart, O’Hara e Leitner, 1998). Il progetto EBP (in accordo con le linee-guida dell’APA), ad esempio,
punta a sviluppare interventi standardizzati, creati in collaborazione con diverse figure tra cui clinici, pa-
zienti, familiari, supervisori della terapia, responsabili di progetto e autorità nel settore della salute mentale
(Mueser, Torrey, Lynde, Singer e Drake, 2003). Lo sviluppo delle linee-guida per la pratica clinica (Nathan,
1998) ha inoltre aumentato l’importanza dei trattamenti basati su evidenze e il futuro della psicoterapia
sembra orientarsi verso interventi psicologici supportati dalla ricerca (Nathan, 1998; Sanderson, 2003).

Tuttavia un consenso sui criteri per determinare cosa sia empiricamente supportato non è stato an-
cora raggiunto (Beutler, Clarkin e Bongar, 2000) e gli EST sono stati accolti da numerose critiche sia dal
punto di vista teorico sia dal punto di vista metodologico (Herbert, 2003; Luborsky et al., 2002). Inoltre,
nonostante l’enfasi evidenziata dall’APA, le psicoterapie basate sull’evidenza non sono ancora ampia-
mente utilizzate dagli psicoterapeuti.

In questo contesto si avverte sempre più la necessità di poter utilizzare strumenti validi e attendibili
per la diagnosi, la pianificazione del trattamento psicologico e la verifica dell’esito dell’intervento psico-
logico. In particolare, una diagnosi accurata e la misura dell’esito del trattamento in combinazione con
un’adeguata valutazione del processo psicoterapico (ad esempio con videoregistrazione dei trattamenti)
(Ford e Urban, 1998; Lambert, 2004; Maruish, 1999) contribuirebbero anche a verificare l’efficacia del

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