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PTI – Psychological Treatment Inventory

valutazione del comportamento, misure del concetto di sé, scale di atteggiamenti e simili, valendosi di
molteplici fonti di informazione.

Per l’assessment degli aspetti psicopatologici sono disponibili numerose e collaudate tecniche: dalle mac-
chie di Rorschach alle scale di Wechsler, dal Thematic Apperception Test al Minnesota Multiphasic Personality
Inventory nelle sue varie versioni. Tecniche di indagine, come quest’ultima menzionata, presentano il van-
taggio di saggiare l’atteggiamento con cui un utente si accinge a partecipare alla sessione, rendendo possibile
l’individuazione di un eventuale tentativo di travisamento delle informazioni. D’altra parte, la maggioranza
delle misure spesso impiegate nell’assessment positivo risultano assai trasparenti e quindi facilmente esposte
a distorsioni tanto intenzionali quanto legate alla desiderabilità sociale o a carenze di insight.

In questo contesto di orientamenti teorici, di proposte metodologiche, ma anche di contrasti scien-
tifici e culturali, si inserisce il contributo di Gori, Giannini e Schuldberg. Lo Psychological Treatment In-
ventory costituisce un importante progetto, costruito su meditate riflessioni epistemologiche, sorretto da
esperienza clinica e competenza metodologica, comprensivo nel suo esame dei vari momenti ed eventi
psicoterapeutici, accettabile da professionisti di vario orientamento. È un nuovo strumento di valuta-
zione multidimensionale, studiato per adattarsi a diverse finalità applicative e di ricerca, in particolare
all’assessment e alla pianificazione del trattamento, alla valutazione dell’esito del trattamento psicolo-
gico e, per certi aspetti, allo studio del processo (process-outcome research). Tra gli aspetti degni di nota,
appare rilevante l’approccio integrato seguito nell’approntamento del sistema di indagine. La psicotera-
pia, come già notato, tradizionalmente dedicata a comprendere e trattare manifestazioni psicopatologi-
che, viene intesa, secondo questa proposta, come intervento volto sia a valorizzare le risorse personali
e ambientali sia a promuovere il benessere psicologico; non diversamente dagli obiettivi perseguiti da
certi indirizzi delle recenti positive psychotherapy e well-being therapy (Fava e Ruini, 2003; Fava et al., 2005;
Seligman et al., 2006).

I criteri seguiti nella costruzione della batteria – prestando particolare attenzione alle sue caratteri-
stiche psicometriche (validità, attendibilità e sensibilità al cambiamento) – costituiscono una garanzia di
superamento dei limiti metrologici, spesso segnalati per gli strumenti di indagine ispirati alla psicologia
positiva. Assieme a queste prerogative, il PTI prospetta facilità di applicazione e di elaborazione, nonché
la possibilità di ripetute somministrazioni durante il trattamento e per la valutazione dell’esito, anche
in fase di follow-up. Merita una specifica menzione la Scheda clinica che consente allo psicoterapeuta
di esprimere una valutazione iniziale sul soggetto sulla base delle personali valutazioni, di tentare di
tradurre quantitativamente aspetti rilevanti della relazione terapeutica, di formulare una valutazione
globale sull’esito del trattamento. Grazie alla parte riservata ai commenti, la Scheda clinica può essere
aggiornata dal clinico, aggiungendo anche informazioni qualitative, considerazioni personali e aspetti
che riguardano il processo. Questo nell’intento di permettere ai clinici di seguire i loro clienti durante
tutto il loro percorso terapeutico, attraverso una modalità di valutazione incrociata che integra gli aspetti
autovalutativi ed eterovalutativi, superando così la parzialità, spesso avvertita, delle informazioni ricava-
te esclusivamente dai self-report.

L’esposizione risulta chiara e sistematica e – in virtù di uno stile espositivo che non rifugge, talvolta,
da toni didascalici – riesce, senza perdere in appetibilità, fruibile anche da parte di operatori in forma-
zione. Si deve aggiungere che il PTI rappresenta ancora, per molti aspetti, un progetto che si fonda su
solide basi, ma che attende conferme sotto il profilo della validità diagnostica e predittiva, in quanto i
dati finora riportati presentano carenze per quanto attiene sia alla composizione e alla numerosità dei
campioni clinici sia alla natura e alle caratteristiche delle informazioni raccolte. In attesa che il processo
di validazione – necessariamente non breve e legato pure, come di consueto, al contributo di clinici e ri-
cercatori indipendenti – si compia, è possibile ritenere che il PTI costituisca una significativa sollecitazio-
ne per modificare una convinzione (forse un pregiudizio?) diffusa tra i clinici: le ricerche rappresentano
un modo complicato e ridondante per far sapere al clinico ciò che egli già sa.

Roma, settembre 2014 Saulo Sirigatti
Università Europea di Roma

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