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Premessa

L’esigenza di disporre di strumenti di valutazione costruiti per verificare e documentare l’efficacia dei
trattamenti psicologici e psicoterapeutici, sia in ambito pubblico che privato, ha condotto al progressivo
affermarsi di un modello di trattamento evidence-based, in cui l’assessment e la verifica del trattamento
psicologico rivestono un ruolo di primaria importanza.

Seguendo l’ottica delle pratiche basate sull’evidenza si può cogliere l’importanza di sviluppare mo-
dalità di valutazione sempre più dettagliate, che consentano ai clinici una visione globale e più oggettiva
dell’individuo, nonché una più agile pianificazione dei percorsi terapeutici e una migliore verifica dei
progressi avvenuti grazie al trattamento.

In primo luogo, appare evidente la necessità di costruire misure che siano utilizzabili con tutte le
persone in trattamento psicologico, indipendentemente dal setting, dai problemi presentati dalla perso-
na, dall’orientamento teorico e dalle tecniche utilizzate, per permettere il superamento delle barriere che
esistono fra i diversi modelli di trattamento e per aiutare i clinici a comunicare tra loro, con un conside-
revole beneficio sia per la comunità clinica che per la scientifica.

Un altro aspetto importante è quello di costruire misure adeguate dal punto di vista psicometrico,
capaci, allo stesso tempo, di tener conto della complessità clinica. Infatti, molti strumenti sono stati
creati proprio dai clinici stessi che, insoddisfatti delle misure esistenti, hanno sviluppato modalità di va-
lutazione adeguate alle proprie esigenze, trascurando tuttavia gli aspetti psicometrici. Questo ha portato
indubbiamente dei vantaggi per i clinici, ma certamente non ha permesso la generalizzabilità delle pro-
cedure di valutazione. D’altro canto, le misure sviluppate dagli psicometristi presentano spesso problemi
legati alla mancanza di considerazione di molti aspetti clinici.

Quindi c’è necessita di strumenti che indaghino gli aspetti e i costrutti essenziali, sui quali
qualsiasi trattamento si prefigge di intervenire (fattori terapeutici comuni) e che consentano di
formulare delle previsioni sull’esito del trattamento (predittori dell’intervento psicologico); stru-
menti che siano ripetibili (in particolare prima e dopo, ma anche nel follow-up) e sensibili, cioè
in grado di evidenziare gli eventuali cambiamenti nella condizione psicologica che avvengono
nel corso del trattamento; strumenti che posseggano una struttura fattoriale definita e una buona
capacità discriminante e che mostrino relazioni con gli strumenti più ampiamente utilizzati per
misurare gli aspetti e i costrutti più rilevanti in ambito clinico; infine, strumenti che risultino, il
più possibile, agili e semplici da utilizzare. Anche se l’agilità degli strumenti generalmente mal
si concilia con la capacità dello strumento di rilevare molte variabili d’interesse (strumento mul-
tidimensionale), è possibile, come nel caso della costruzione del PTI, che il numero di item di
ogni scala venga scelto privilegiando l’unidimensionalità per le scale in linea con le ricerche che
sostengono il principio che pochi item possano catturare il costrutto in esame dato che mostrano
correlazioni simili a quelle della maggior parte delle scale comunemente usate (Robins, Hendin e
Trzesniewski, 2001).

Con queste premesse nasce lo Psychological Treatment Inventory (PTI), frutto di un lavoro di ricerca
che trova il suo fondamento e la sua giustificazione teorica nell’ambito dell’approccio eclettico-integrato
allo studio della psicopatologia (Castonguay e Hill, 2006; Ingram, 2006; Norcross e Goldfried, 2005;
Stricker e Gold, 2006; Wachtel, 2008) e che segue i recenti sviluppi delle pratiche basate sull’evidenza
(Evidence Based Practices – EBPs).

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